Ravensbrück: il campo di concentramento per sole donne

TO GO WITH AFP STORY - Photographs of pr
TO GO WITH AFP STORY – Photographs of prisoners murdered at the Ravensbrueck concentration camp for women line a wall in the “Place of Names” memorial at the camp in Fuerstenberg February 24, 2009. The “Sex Slavery in Nazi Concentration Camps” exhibition which opened at the Ravensbrueck concentration camp memorial, sheds light on the fate of women prisoners, many of which came from the Ravensbrueck camp, forced to provide sex to inmates in other concentration camps. AFP PHOTO JOHN MACDOUGALL (Photo credit should read JOHN MACDOUGALL/AFP/Getty Images)

Non ne avevo mai sentito parlare e sono rimasta sconcertata quando ho letto di questo campo di concentramento. Hitler, nel maggio del 1939, aprì questo lager per sole donne. Dal maggio del 1939 al 30 aprile 1945 sono passate di qui 130 mila donne, provenienti da 20 nazioni diverse e 50 mila sono morte.

Ravensbrück non è famoso. Si tratta di lager a nord di Berlino. E’ stato taciuto per tantissimi anni. La giornalista Sarah Helm ha voluto portare a galla la verità con il suo libro: Il Cielo Sopra l’Inferno. Lo potete trovare anche in inglese con il nome If This Is a Woman, parafrasando il titolo del libro di Primo Levi “Se questo è un uomo”.

Lo scopo di Hitler era quello di eliminare le donne “non conformi”: prigioniere politiche, lesbiche, rom, prostitute, disabili, senza fissa dimora, malate di mente, testimoni di Geova, comuniste, donne semplicemente giudicate “inutili” dal regime, e solo il 10% di queste donne erano ebree. 

L’atrocità commesse in questo lager superano l’immaginazione. Basti pensare che per sterminare la specie, queste donne, oltre che ad essere picchiate, torturate, seviziate, sottoposte a esperimenti medici, venivano sterilizzate e o fatte abortire se oramai incinta.

L’assurdità della situazione si sottolinea con la presenza di guardie naziste donna. Infatti erano le stesse donne a fare del male alle donne. Obbligo nazista, cattiveria, mancanza di umanità o di empatia… non lo so! Mi chiedo solo come sia stato possibile!

Fu compiuta infatti una sterilizzazione di massa e i nazisti praticarono il controllo della riproduzione. Fu istituito un vero e proprio laboratorio per applicare sui loro corpi vari metodi per studiare come reagivano ai trattamenti. Quando poi, nel 1944 i nazisti non riuscirono più a evitare le nascite le donne erano costrette a partorire e i figli venivano lasciati morire di stenti.

Il coraggio di alcune giovani studentesse polacche, che nel 1941 furono scelte per gli esperimenti, e che attraverso delle lettere che riuscirono a spedire alle famiglie, permise di divulgare la notizia delle terribili atrocità che venivano compiute in questo campo di concentramento. I nazisti furono costretti a diminuire notevolmente gli esperimenti.

Ravensbrück non era solo il laboratorio dello “scienziato pazzo”. Era anche la base per la fornitura di prostitute per gli altri campi di concentramento. Infatti il campo fornì anche circa il 70% delle donne impiegate come prostitute nei bordelli interni di altri campi di concentramento; nel 1942, ad esempio, i tedeschi inviarono circa cinquanta prigioniere politiche in vari bordelli di campi di sterminio tra cui Mauthausen e Gusen. Molte di queste donne preferirono partire come volontarie per fuggire alle terribili condizioni di vita a cui erano sottoposte.

Nel 1944 le percentuali delle deportate era il seguente:

La Gestapo distinse inoltre le detenute come segue:

  • 83,54% politiche
  • 12,35% asociali
  •   2,02% criminali comuni
  •   1,11% Testimoni di Geova
  •   0,98% altro

Potete quindi solo immaginare quanta malvagità e razzismo venne praticato in quegli anni!

L’ARRIVO AL CAMPO DI CONCENTRAMENTO

Quando una nuova prigioniera arrivava a Ravensbrück era obbligata ad indossare il Winkel, un triangolo di stoffa colorato, che identificava il motivo di internamento; sul triangolo era applicata una lettera che identificava la nazionalità. Le deportate polacche, che divennero la maggior componente nazionale nel campo a partire dal 1942, indossavano normalmente un triangolo rosso (deportate politiche) con una lettera “P” (nazionalità polacca).

Le donne ebree, prima del trasferimento verso Auschwitz, indossavano un triangolo giallo, alcune volte sovrapposto con un secondo triangolo per indicare altri motivi di internamento. Le criminali comuni indossavano il triangolo verde, i Testimoni di Geova il triangolo viola. Le zingare, le prostitute e le «asociali» venivano identificate da un triangolo nero.

Il triangolo rosa, utilizzato per identificare gli omosessuali maschi presso gli altri campi di concentramento, non venne utilizzato nel campo femminile di Ravensbrück; le lesbiche internate, spesso per associati motivi razziali o politici, vennero contrassegnate con il triangolo nero e considerate semplici «asociali»[5]

Alle deportate venivano rasati i capelli, poi utilizzati dall’industria tedesca; le deportate “ariane”, però, non sempre subivano questo trattamento. Per esempio esso non venne applicato, nel 1943, ad un trasporto proveniente dalla Norvegia e composto da donne di origine nordica.

Successivamente, dopo essere state rasate, private di tutti i propri beni ispezionate nelle parti intime e lavate, le prigioniere sono destinate ai Block. I Block sono costruzioni di legno incatramato, divisi in due Stube, in ognuna delle quali c’erano un refettorio, un dormitorio, tre lavabi e tre latrine. La blockowa e la stubowa erano le responsabili rispettivamente del Block e della Stube, entrambe erano deportate.

Fonte: Le donne di Ravensbrück – L. B. Rolfi e A. M. Bruzzone

LA VITA NEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO

I massacranti turni di lavoro giornalieri erano due, di dodici ore ciascuno: il primo dalle 6 di mattina alle 6 di sera; il secondo, quello di notte, fino alle 6 della mattina successiva.

Tutte le prigioniere dovevano compiere lavori pesanti. Erano obbligate a molti tipi diversi di lavoro schiavo: costruzioni, agricoltura e anche costruzione dei missili V2 per conto dell’azienda tedesca Siemens AG.

Se le detenute si ribellavano, tentavano di evadere o compivano atti di sabotaggio vero o presunto, venivano rinchiuse nella prigione del campo, il Bunker, nel quale subivano gravi sevizie morali e fisiche e molte finivano uccise o non sopravvivevano alle violenze; inoltre nel Bunker si effettuavano interrogatori, processi sommari, torture e condanne a morte. Se invece le detenute erano considerate da “rieducare” allora venivano inviate allo Strafblock, ossia un blocco di punizione. Le cause per cui rischiavano lo Strafblock erano rubare, mancanza di disciplina o mancanze lieve. La punizione era decisa dalle SS- Aufseherinnen, ossia le sorveglianti donna dei campi di concentramento, le quali, costringevano le insubordinate a preparare il concime pestando a piedi nudi masse di escrementi per poi impastarli, sempre a mani nude, con la cenere umana dei forni crematori.

Quando le prigioniere non erano più “utilizzabili” venivano uccise. Venivano quindi selezionate per i “trasporti neri” e inviate nei centri di sterminio come ad esempio Majdanek, Castello di Hartheim, Sonnenstein, Bernburg e altri punti dove si realizzava l’Aktion T4 per l’eutanasia dei disabili e l’Aktion 14F13, azione specifica mirata proprio all’uccisione dei prigionieri dei campi di concentramento malati e inabili al lavoro.

Ovviamente per loro, come già risaputo, non era previsto nessun funerale. La mancanza di diritti per gli essere umani come ad esempio una bara era assolutamente fuori questione. Queste donne (così come tutt* i prigionieri dei campi concentramento) erano considerate delle Stücke, ovvero dei pezzi, delle cose con un numero di matricola marchiato come se fosse un codice a barre. Se un* di loro moriva veniva semplicemente gettat* nei forni crematori e cancellat* dalle liste.

Per cause di forza maggiore, molti bambini seguivano le madri nei campi di concentramento. Per loro era un condanna a morte. I nazisti infatti, per non proliferare la razza non ariana, sterminavano i bambini, senza alcuna pietà! Chiedo scusa se mi permetto di descrivere come venivano uccisi questi bambini. Capisco che possa far soffrire il cuore ma non si può tacere.

I bambini potevano essere uccisi dal gas insieme alle loro madri, uccisi con iniezioni di veleno, bruciati, massacrati a bastonati, fucilati, annegati, gettati vivi nelle fosse comuni o usati come tiro al bersaglio per il divertimento delle guardi. Inoltre le donne incinte non avevano diritto alla vita.

E se vi dicessi che a Ravensbrück esisteva addirittura una sala adibita (la Kinderzimmer) in cui i piccoli venivano abbandonati a morire di fame e lasciati in pasto ai topi?

Le stime, incomplete e poco chiare riportano un numero di 882 bambini deportati in questo campo di concentramento e 500 che nacquero lì. Solo 5 su 1382 sono sopravvissuti.

GLI ESPERIMENTI

Abbiamo già accennato all’inizio dell’articolo che queste donne erano sottoposte ad esperimenti: erano delle vere e proprie cavie umane.

Almeno 86 donne di cui 74 polacche (qui la lista delle vittime)  furono destinate a queste torture.

Nello specifico furono fatti:

  • esperimenti per i farmaci per la cura delle ferite dei soldati al fronte, basati sulla sulfanamide. Perchè si avessero prove scientifiche e per essere sicuri che questo farmaco funzionasse le prigioniere venivano ferite, fratturate e infettate con i batteri più potenti, per poi essere curate con i farmaci da testare.
  • esperimenti per il trapianto di ossa. Qui alcune donne subirono amputazioni, fratture e ferite. 5 di queste morirono a seguito delle sperimentazioni, altre 6 vennero uccise successivamente nel campo
  • esperimenti basati sui raggi X. Tra le 120 e le 140 donne zingare vennero sterilizzate con questo metodo, lo scopo era ovviamente quello di creare una sterilizzazione forzata per la salvaguardia della specie ariana. Queste donne vennero convinte (inutile dire nella menzogna) a firmare un documento di consenso per la sterilizzazione in cambio della libertà.

Altri esperimenti che vennero fatti furono:

  • Esperimenti di congelamento/ raffreddamento prolungato;
  • Esperimenti di vaccinazione antipetecchiale;
  • Ricerche sull’epatite epidemica;
  • Prova di farmaci su detenute infettate con la gangrena gassosa e tetano;
  • Esperimenti di sterilizzazione;
  • Raggi X;
  • Trapianti di ossa da una prigioniera all’altra;
  • Studio sulle condizioni precancerose della cervice uterina;
  • Ricerche sui gemelli monozigoti;
  • Ricerche sulla cura ormonale dell’omosessualità.

Moltissime vi rimasero uccise, altre sfigurate a vita.

Di seguito potete trovare un articolo in inglese sugli esperimenti medici effettuati in questo luogo di tortura:

http://individual.utoronto.ca/jarekg/Ravensbruck/Experiments.html

Ravensbrück non era solo Ravensbrück. C’erano più di 40 sotto campi in cui si praticavano le stesse cose. Vi lascio la lista con il collegamento di Wikipedia chiedendomi quante donne sono morte, quante hanno sofferto, e nella speranza di credere che alcune siano rimaste in vita.

 

 

 

FONTI: http://www.vita.it/it/article/2015/01/21/ravensbruck-la-guerra-nascosta-di-hitler-alle-donne/129070/

https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Ravensbr%C3%BCck

http://femminismorivoluzionario.blogspot.it/2016/05/da-unintervista-sarah-helm-sul-lager.html

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Onore a queste donne! 

Valentina R. 

6 pensieri su “Ravensbrück: il campo di concentramento per sole donne

  1. Da Ravensbrück, fornivano i bordelli dei campi di concentramento, ufficialmente erano volontarie, ingannate con la falsa promessa che dopo sei mesi sarebbero state libere, questo fatto della presunta volontarietà ha fatto si, che al termine della guerra non ci sia stato nessun risarcimento alle donne sopravvissute ai bordelli. Ma non tutte le donne potevano entrare nei bordelli, solo le tedesche, austriache e polacche, quelle di razza ariana e con meno di 25 anni e dopo essere state sterilizzate. Inutile dire che quelle che riuscivano a sopravvivere sei mesi nei bordelli, non avevano la libertà ma finivano nelle camere a gas.

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  2. Ciao!Consiglio a tutte la lettura di “La casa delle bambole”, di Ka-tzenik 135633- Yahiel De-Nur. Lo trovai qualche anno fa in una bancarella di libri usati, ed è uno spaccato su una realtà di cui non si parla, quella appunto delle “case di piacere” (che poi altro non erano che campi di concentramento destinati alla prostituzione) per soldati tedeschi, nelle quali venivano sfruttate donne deportate. Di seguito un commento sul libro.
    http://www.idranet.it/2008/04/03/la-casa-delle-bambole-di-ka-tzenik-135633-yahiel-de-nur/

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