” …Infatti è un perenne rebus che non ci sia stata una sola donna a scrivere una sola parola in quella straordinaria letteratura (ndr. in Inghilterra ai tempi di Elisabetta); un un’epoca in cui la metà degli uomini, a quanto si direbbe, era capace di scrivere almeno una canzone o un sonetto.
[…]
Ma ciò che mi sembra deplorevole, è il fatto che non si sappia niente sulla donna prima del Settecento.
Non ho in mente nessun modello che mi permetta di muovermi a mio agio. Eccomi a domandare perché le donne non scrivevano poesia nell’epoca elisabettiana, eppure non so come venivano educate, se imparavano a scrivere, se avevano qualche salotto dove stare da sole; quante donne diventavano madri prima dei ventun anni; che cosa insomma facevano dalle otto del mattino alle otto di sera.
Evidentemente non avevano denaro; secondo il professor Trevelyan si sposavano, volenti o nolenti, no appena lasciavano la mano della balia, probabilmente a quindici o a sedici anni.
Sarebbe stato estremamente strano, anche con questi pochi dati, che una di loro, a un tratto, si fosse messa a scrivere le opere di Shakespeare, conclusi, pensando a quel vecchio signore, ormai defunto (credo fosse un vescovo) il quale ha dichiarato che era impossibile immaginare una donna, passata presente o futura, il cui genio si potesse paragonare a quello di Shakespeare. Lo scrisse persino sui giornali. E una volta disse anche, a una donna che le aveva chiesto delle informazioni, che i gatti in realtà non vanno in paradiso, benché abbiano, aggiunse, una specie di anima. Quando essi apparivano come si restringevano i confini dell’ignoranza! I gatti non vanno in paradiso. Le donne non possono scrivere le opere di Shakespeare.
Ad ogni modo non potevo non pensare, mentre guardavo le opere di Shakespeare nello scaffale, che almeno in questo il vescovo aveva avuto ragione; sarebbe stato impossibile, completamente e interamente impossibile che una donna scrivesse nell’epoca di Shakespeare le opere di Shakespeare.
Immaginiamo, giacché ci riesce così difficile conoscere la realtà, che cosa sarebbe successo se Shakespeare avesse avuto una sorella meravigliosamente dotata, chiamata Judith, diciamo.