Intervista a Barbara Mazzon, autrice de “Le vergini giurate. Donne libere di costringersi e costrette a liberarsi in Albania”

Oggi abbiamo il gran piacere di intervistare Barbara Mazzon, 24 anni, laureata nel 2016 col massimo dei voti alla Facoltà di Filosofia dell’Università degli studi di Milano portando come tesi le vergini giurate. La sua tesi adesso è un libro: “Le vergini giurate. Donne libere di costringersi e costrette a liberarsi in Albania”.

Quando Barbara ci ha invitate alla presentazione a Milano presso la Libreria Antigone (che se ancora non la conoscete, rimediate subito!), Giulia, che attualmente vive a Milano, è andata andata senza pensarci due volte.

Questo è un argomento di cui Giulia già conosceva l’esistenza, perché avendo abitato un anno in Kosovo e avendo colleghe che lavoravano nel nord di Scutari, in Albania, ha avuto modo di toccare questo fenomeno da vicino. E la presentazione del libro è stata davvero interessante, un pomeriggio di scoperta, confronto e riflessione.

Siamo molto felici di aver conosciuto Barbara e di sapere che ci sono giovani donne che portano avanti con orgoglio l’abbattimento degli stereotipi.

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Ma adesso basta indugi e lasciamo la parola a Barbara.

Ciao Barbara, prima di tutto ti ringraziamo per quest’intervista e poi per aver portato alla luce questo argomento ancora troppo poco conosciuto.

Partiamo subito andando dritto al punto: chi sono le vergini giurate?

Le vergini giurate sono donne divenute socialmente uomini. Ciò che le ha portate a tagliare i propri capelli, a vestirsi e atteggiarsi da uomini è la necessità: necessità degli altri, quando obbligate dai propri cari sin dall’infanzia, per la mancanza di un erede maschio in famiglia; o necessità propria di sentirsi libere e opporsi alla vita di sottomissione destinata alle donne in società maschiliste.

Storicamente, dove e come nasce questo fenomeno?

Purtroppo l’origine di questo fenomeno è in tutti i suoi aspetti molto controversa. Ad oggi vi sono ancora delle vergini giurate in Albania ma vi sono testimonianze che in passato ne hanno documentato la presenza in tutta la zona balcanica e in tutto il nord Africa. L’unica cosa di cui siamo certi è che tutte le società in cui vi sono state delle vergini giurate sono accomunate dall’essere a discendenza patrilineare. In queste società la figura femminile, infatti, viene svalutata, circoscritta all’ambito famigliare e limitata al ruolo di madre e moglie.

Hai trovato difficoltà nella ricerca di fonti su questo fenomeno?

Ahimè, sì. Lo studio sistematico più completo sulle vergini giurate, fatto dall’antropologa Antonia Young, risale agli anni ’70. Anche le fonti che riguardano il codice consuetudinario albanese, il Kanun, sono difficili da interpretare poiché, essendoci alla base una tradizione orale, ne esistono molte varianti.

Come mai ti sei interessata proprio alle vergini giurate, com’è nato questo interesse?

La nascita del mio interesse per questo fenomeno è molto particolare. Ho scoperto le vergini giurate molto tempo fa grazie ad un documentario sui Balcani. Allora frequentavo la terza media e ovviamente, conoscevo molto poco di quel mondo. La mia fortuna è stata di trovare come compagna di classe quella che poi sarebbe diventata la mia migliore amica: Vilma. È stata lei ad alimentare e rafforzare il mio interesse per l’Albania in generale ed è tutt’ora lei, con la sua testardaggine e il suo spontaneo infervorarsi quando si parla del suo paese natale, a farmi appassionare a questa cultura.

C’è qualche testimonianza che ti è rimasta impressa?

Ci sono tanti aspetti di cui vi potrei parlare. È difficile rispondere a questa domanda, perché ogni testimonianza che ho riportato ha degli aspetti davvero impressionanti. Sicuramente mi ha molto colpito la semplicità con cui Fize racconta il giorno in cui ha deciso di diventare vergini giurata. L’accettazione di un cambiamento tanto radicale quanto rapido è veramente disarmante. Ma non posso non pensare anche al rimorso di una vita non vissuta, evidente nel racconto di Sanja o Dune.

Si può dire che è un fenomeno ormai superato?

Anche su questo aspetto ci sono un po’ delle zone d’ombra. Per la maggior parte degli studiosi e anche per il sentire di molti albanesi, questo fenomeno apparterrebbe al passato ma non è così. La fotografa Valentina Stefanelli, con cui ho avuto il piacere di collaborare poiché autrice di alcune delle bellissime foto presenti nel libro, ha conosciuto varie vergini giurate tra cui alcune molto giovani. Sicuramente è un fenomeno minoritario che probabilmente andrà scomparendo ma, ad oggi, fa sicuramente parte del presente dell’Albania.

Nel libro scrivi questo sottotitolo: “Donne libere di costringersi e costrette a liberarsi”. Cosa vuol dire?

Con questo chiasmo volevo sottolineare la fragilità del concetto di libertà. Il confine tra libertà e costrizione si sbiadisce e questi due concetti si trovano a convivere in corpi modellati ed essenzializzati dalla società. Per quanto riguarda le vergini giurate che sono diventate tali per propria scelta, infatti, si potrebbe pensare siano state spinte da un atto di libertà, ma è anche giusto domandarsi: fin dove arriva la libertà e dove, invece, si deve parlare di costrizioni e condizionamenti sociali? È su questa domanda che si fonda il mio lavoro. Le vergini giurate sono donne che ribaltano le regole arrogandosi determinati diritti altrimenti loro negati ma non rompono il sistema. Sono donne che vanno contro la propria società pur rimanendone all’interno. È vero che acquisiscono uno status diverso, con maggiori diritti rispetto a quello riservato alle donne, ma non dimentichiamoci che per farlo hanno dovuto rinunciare alla propria sessualità. Libertà e onore nascono, quindi, da una rinuncia dettata dalla subalternità della figura femminile.

Nel tuo libro scrivi anche: “Questo stesso processo, con le dovute distinzioni, può essere ritrovato nella nostra società”. Ci spieghi cosa intendi?

Penso che la figura delle vergini giurate, sempre con le dovute distinzioni, si presti a fare da specchio anche ad alcune tematiche tipiche della nostra società. Penso sia importante conoscere le altre culture per abbandonare uno sguardo etnocentrico e poter vedere la nostra società con occhi arricchiti.

Per il momento -ma non mi precludo che le cose in futuro possano cambiare- quello che mi sono proposta di fare non è un mero studio sulle vergini giurate, ma una divulgazione del tema e uno spunto per parlare anche di tematiche che ci toccano da vicino. Per questo motivo, nelle conclusioni, do anche degli spunti di riflessione sul victim blaiming e la necessità che anche in Italia, come nel resto del mondo, si presenta di scendere a compromessi per evitare ritorsioni.

C’è qualcosa che vuoi lasciare ai/alle lettori/trici dell’articolo?

Vi lascerei riflettere con la citazione di Tahar Ben Jelloun con cui inizio il mio libro:
“Essere donna è una menomazione naturale della quale tutti si fanno una ragione. Essere uomo è un’illusione e una violenza che giustifica e privilegia qualsiasi cosa. Essere, semplicemente essere, è una sfida”.

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Grazie mille Barbara per questi tuoi spunti e approfondimenti e ovviamente consigliamo a tutte e a tutti la lettura del tuo libro per entrare a conoscenza di un fenomeno che sembra lontano ma che poi così lontano non è.

Alla prossima,

Giulia e Valentina

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